La vita è un flusso continuo, un incessante divenire. πάντα ῥεῖ
Cambiamo ruoli, luoghi, relazioni. Abitudini, pensieri, convinzioni.
Eppure a volte capita qualcosa che ci fa renderci conto che cambiare è un’illusione. Caelum, non animum mutant…
È ricapitato a me. Ritrovandomi con vecchie amicizie, dei tempi del liceo. E davvero, basta un niente. Un gesto, una parola, una presenza, e ti ritrovi scaraventata nel passato, faccia a faccia con il tuo io del passato. E non nell’illusione di un ricordo filtrato dall’elegia, ma nell’accelerazione brutale di particelle – una specie di Large Hadron Collider della psiche… E bam, eccoti lì, ancora sedicenne, con i tuoi complessi, la tua incapacità di comunicare, il tuo desiderio di essere vista, riconosciuta. E in un attimo è deragliamento, collisione. Senza ritorno.
Quelle particelle ignote, quegli strati lavici di emozioni indecifrate, di movimenti convulsi, sono ancora lì, in agguato. Il tuo io parallelo – e forse non l’unico, uno dei tanti – e ancora non sai gestirli. Li avevi sepolti, dimenticati, in decenni di vita altrove, in relazioni di lavoro, in amicizie in età adulta, che nulla rivelano delle esplosioni, dei dubbi, delle false partenze di un tempo.
Poi, a mente fredda, che fredda non è, o meglio, come ha detto un amico, après coup, te ne rendi conto, e aggiusti la traiettoria. Ti guardi, ti spieghi, senti la ferita. Ogni ferita inferta è anche una ferita inferta a sé stessi.
Poi la rivelazione: parlando con una studentessa, la percezione netta che nel nostro colloquio c’è solo uno strato di me: l’insegnante, la ricercatrice. E sotto quello, sommersi, gli altri strati. E, in subbuglio, in ebollizione, in eruzione, il mio io da sedicenne. E l’urgenza – di spiegarmi, di svelarmi. A chi mi conosce. A chi ho ferito. A me che ho ferito.
E parlando, senti che la ferita può rimarginarsi. Richiudersi.
Forse è per questo – anche per questo – che le amicizie della gioventù sono le più forti, le più resistenti. Le più profonde. Perché sono quelle che sopravvivono ai momenti goffi, agli inciampi, agli errori, alle incomprensioni. Perché gli amici di gioventù ti hanno visto bruco, poi bozzolo, poi farfalla. Ti hanno vista ferita, inerme. Arrabbiata. Invasata. Conoscono i tuoi lati peggiori e forse quelli migliori. E ti accettano. Così come sei. Anche se qualche volta ci si scorna.
E quale insegnamento ne traggo? Gratitudine. Umiltà. Accettazione.
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare.
(https://www.astronomiamo.it/DivulgazioneAstronomica/Area/Cosmologia/Cosa-sono-i-buchi-neri)